A proposito di Quote rosa nei CDA

la mia opinione come donna e come manager 

di Daniela Troina Magrì

Mi sono appassionata al tema delle “quote rosa nei CDA” sul quale sono stata coinvolta sia dall’on. Lella Golfo PDL, sia dall’on. Alessia Mosca PD e ho preso posizione a favore della proposta di legge cercando di condividere la mia posizione con il maggior numero di persone.

Sono una persona tranquilla ma energica e certamente non mi tiro indietro quando si tratta di portare avanti delle giuste cause. Sono convinta che la forza delle idee e la razionalità insieme alla passione possano condurre ad una positivo esito di una battaglia di civiltà e progresso come questa. Di certo non sono favorevole alle manifestazioni di piazza perché non credo che la piazza oggi sia il posto giusto per discutere costruttivamente. Considero la piazza il luogo dell’incontro, della cultura, dello scambio, il luogo degli sguardi “alla Portoghesi”, il luogo della festa, della celebrazione, anche della solidarietà, ma non credo possa essere il luogo, almeno non lo è in questo terzo millennio, per confrontarsi su questioni delicate da discutere pacatamente, dati alla mano (ad es. le aziende quotate in borsa con maggiore presenza di leadership femminile registrano EBIT superiori), e non da urlare in faccia a chi più o meno strumentalizzato da slogan qualunquistici decide di intervenire.

Non mi riconosco nella definizione di “femminista”. Sono una persona che ha maturato una considerevole esperienza in azienda e che da circa trentanni, ha avuto modo di seguire direttamente o indirettamente il tema della leadership al femminile. Ed è proprio grazie alla esperienza sul campo che sono una donna che stima le donne, non solo le mamme e mogli a tempo pieno ma anche le donne che lavorano. Ne conosco l’immenso potenziale e vorrei che questo fosse riconosciuto e utilizzato per migliorare una società che oggi obiettivamente è in cattiva salute. Non so se questo possa definirsi "femminismo", non lo so, non credo ed in ogni caso non amo le “etichette”.

So di certo che chi, in posizione di comando e facendosi portavoce di grandi interessi precostituiti, oggi di fatto si oppone a questa legge proponendo emendamenti che ne snaturano l’essenza a parer mio manifesta innanzitutto una certa ignoranza manageriale ed inoltre certamente non conosce le donne del nostro Paese.

Ignorano questi signori e le poche signore che si oppongono che il buonismo che ha accompagnato la stragrande maggioranza di programmi sulla pari opportunità negli ultimi ventanni non è la strada giusta sulla quale continuare. E’ noto infatti a chiunque abbia un minimo di dimestichezza con la gestione d’impresa che quando realmente si vuole perseguire un obiettivo d’impresa si formalizzano piani e programmi, si assegnano obiettivi e budget si verificano i risultati (anche a cadenza trimestrale) e si procede a ritmo serrato per il raggiungimento degli obiettivi. Tutto il resto è acqua fresca, facciata, “windows-dressing” come dicono i nostri amici anglofoni. E certamente, chi con i suoi emendamenti ritarda il compimento della esecuzione della legge di circa 10 anni o è ignorante o è in malafede.

Inoltre non ha avuto certamente né l’opportunità, né il tempo, né sicuramente la voglia di conoscere le centinaia, migliaia di donne imprenditrici, manager, professioniste che silenziosamente negli ultimi trentanni hanno studiato, lavorato e oggi portano avanti con successo insieme alla loro vita familiare impegnative attività di lavoro. Sto parlando di migliaia di donne molte di loro poco visibili perché impegnate in attività operative ben più urgenti e rilevanti che non sterili dibattiti televisivi. 

Parlo con cognizione di causa: con molte di queste donne, ho avuto il piacere di lavorare, costruire, seminare. Non sto parlando certamente delle poche Yes lady che accanto ai loro capi Yes man hanno fatto “carriera” e si avvalgono ora del potere acquisito per farsi venire dei dubbi sulle possibilità di reperire sul territorio nazionale un migliaio di nominativi di donne idonee a ricoprire responsabilmente incarichi nei CDA.

Chi si oppone a questa legge di fatto nega l’esistenza che un decimillesimo della popolazione femminile italiana attiva sul mondo del lavoro possa essere qualificata per ricoprire incarichi di responsabilità con competenze simili a quelle dei colleghi uomini dotati più o meno degli stessi curricula. Vorrei fare presente che il rischio che queste donne (la stragrande maggioranza delle quali dotate di almeno un paio di lauree, un MBA e qualificate esperienze professionali e manageriali) nel sostituire alcuni colleghi uomini possano addirittura peggiorare la situazione corrente, è davvero limitato. Ricordo per chi avesse vissuto questi ultimi anni nel Cosmo alla ricerca di geni extraterrestri di sesso maschile da inserire nei Cda Aziendali che il mondo produttivo italiano oggi non gode di una eccezionale salute, né si è arrestato l’esodo dei cervelli all’estero. Soprattutto vorrei invitare coloro i quali  si sono dimenticati che oggi il mobbing è diventato una reale piaga nel mondo del lavoro a fermarsi la mattina a guardare per strada la gente che (nonostante tutto beata lei!) si sta recando al lavoro.Io spero che l’ingresso delle donne in posizioni di responsabilità possa portare di nuovo il sorriso, la positività, il senso di responsabilità, i risultati aziendali, l’amore per il lavoro sul volto della gente comune che non aspira a null’altro che ad un migliore standard di qualità di vita anche e soprattutto lavorativa. 

Alle donne ma più in generale a tutti coloro che aspirano alla libertà di pensiero, agli anticonformisti del terzo millennio ho dedicato il mio libro Ehi boy!..and girls Attualità e futuro tra arte e poesia ed Gangemi 2010 – 

Daniela Troina Magrì
19 febbraio 2011

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